giovedì 25 ottobre 2012

Presentato a Grotta del Sole “A Tavola tra Mari e Vulcani, 3500 anni di Enogastronomia flegrea” di Alfredo Carannante



L'autore, il Prof. Alfredo Carannante
di Giulia Cannada Bartoli
Atmosfera suggestiva nella grande cantina di Grotta del Sole, trasformata per l’occasione in sala di presentazione.


la cantina affollata per la presentazione
Il fil rouge è molto evidente: l’analisi di 3.500 anni di enogastronomia flegrea, svolta dall’ autore, il Prof. Alfredo Carannante, si lega indissolubilmente alle origini del vino italiano: la cantina si trova infatti, a pochi passi da Cuma, considerata la “culla” dell’enologia mondiale. Prestigiosa la tavola dei relatori, moderata da Pino Taormina: l’autore Alfredo Carannante, Paolo Caputo, Soprintendente di Cuma ,
Il Sovrintendente di Cuma Prof. Caputo
 Luciano Pignataro,  giornalista de Il Mattino e titolare di uno dei blog di enogastronomia  tra i più letti in Italia
il giornalista Luciano Pignataro
 e  Giovanni Fulvio Russo, Docente dell’ Università Parthenope.
il Prof. Russo
Il moderatore esaurisce con efficace rapidità la parte dedicata ai saluti istituzionali: la padrona di casa Elena Martusciello,
la padrona di casa Elena Martusciello
l’editore Mario Marotta di Valtrend che è un interessante acronimo, Valorizzazione e tutela delle risorse endogene.
gli editori Valtrend Mario e Mara Marotta
L’editore sottolinea il forte legame tra passato e presente contenuto nel libro, considerandolo un valido strumento pratico sia, di conoscenza e promozione del territorio dei Campi Flegrei, sia, gastronomico, dal momento che il testo contiene 126 ricette con ingredienti e dosi, tutte da sperimentare.  Il primo intervento è del Soprintendente di Cuma, Paolo Caputo, che sottolineando il carattere di suggestivo viaggio e percorso enogastronomico nei Campi Flegrei ad opera dell’autore, conferma la forte valenza culturale del cibo, rammaricandosi che nell’area in questione, sono ancora pochi i focolari più antichi ritrovati: a Vivara sull’isola di Procida, a Cuma e a Baia, dove è avvenuto anche il ritrovamento del Ninfeo sommerso nella zona di Punta Epitaffio; andando avanti nei secoli, Caputo cita la splendida cucina della Certosa di Padula (Sa) , del 1300, dove venne cucinata una frittata di 1000 uova.
la monumentale cucina della Certosa di Padula 1300
e l’importanza del cibo dal punto di vista della bioarcheologia, disciplina che studia contenitori, ambientazioni del cibo e frammenti organici, quali ossa di mammiferi, uccelli, pesci, conchiglie e semi che rappresentano i resti dei pasti e rivelano gli alimenti utilizzati, la preparazione e il metodo di cottura. Facendo un salto all’indietro, Caputo cita il periodo sannita di Cuma, dove sulla tavola arrivavano i “mallardi” , ossia i germani reali, il melograno e l’orzo. Dai Sanniti, oscurati dai Romani, si passa alla descrizione dei banchetti flegrei dell’età imperiale con il “De Re Coquinaria” di Apicio e alle umili portate offerte da Marziale agli amici. In ogni capitolo dell’opera di Apicio – osserva Caputo – si evince quanto, ancora in età imperiale, fosse importante per i gastronomi romani rifarsi alla tradizione greca che proprio nei Campi flegrei avevano scoperto e assorbito. L’intervento del Soprintendente prosegue con diverse citazioni di questa mirabile opera, che, ritengo dovrebbe essere oggetto di studio e riflessione da parte degli chef giovani e più affermati, quale contributo  alla propria cultura enogastronomica dal punto di vista umanistico.
la cassata di Oplonti raffigurata in un affresco dei saloni della Villa di Poppea a Torre Annunziata, sia la forma, che la preparazione richiamano fortemente il dolce tipico siciliano
La parola passa al giornalista Luciano Pignataro che, per analogia, collega la poca attenzione in archeologia ai resti di cibo negli scavi, a quanto succede anche in storiografia, dove, per esempio, lo storico francese Fernand Braudel (1902 – 1985) pone al centro dei suoi studi le civiltà e i cambiamenti a lungo termine, in opposizione alla storia degli avvenimenti già famosi e descritti dai più.
lo storico francese Fernand Braudel
Il giornalista cita anche un  altro storico  francese Marc Bloch, il quale fu uno dei primi storici francesi a interessarsi allo studio comparato delle civiltà e alla storia del pensiero, vista anche come storia antropologica. Bloch studiò a lungo le campagne e i rapporti di produzione, economici e quindi anche sociali, soffermandosi su aspetti che la storia ufficiale non ha mai considerato.
Marc Bloch
Tornando all’opera di Carannante, Pignataro sottolinea come i 3.500 anni di storia dei Campi Flegrei sembrino esaurirsi in un soffio, grazie alla continuità della tipologia di alimenti impiegati, che arrivano sino ai nostri giorni. In questo senso la storia dell’ enogastronomia flegrea costituisce un esempio etico di continuità culturale e di possibili percorsi futuri. Non è un caso che la gastronomia napoletana di città  sia seconda soltanto a quella parigina. La città ha assorbito la gastronomia ed i prodotti delle aree interne e costiere ( es. ortaggi e legumi), unendola all’arrivo della pasta  che ha soddisfatto il fabbisogno calorico della popolazione, così come il riso ha fatto per i cinesi. Il cibo – prosegue Pignataro – non può essere slegato dalla storia: le abitudini gastronomiche sono un patrimonio che l’enclave partenopea delle vecchie generazioni conserva gelosamente,  mostrando un atteggiamento respingente verso le novità; al contrario, giovani generazioni di chef trentenni, hanno assorbito tale patrimonio, rivisitandolo in chiave moderna semplicemente attraverso l’uso di nuove tecnologie di cucina, senza mai abbandonare i prodotti della tradizione.  D’altra parte, la crisi  ha aguzzato  l’ingegno delle giovani generazioni, provocando fenomeni, quali la nascita, in un improbabile contesto sociale, di locali  dove si lavora per rendere i sapori ritrovati della tradizione più netti e intellegibili da tutti.

Questa “rivoluzione” che è in corso nella nostra regione, non sarebbe stata possibile senza la conoscenza di ciò che si racconta, a mò di romanzo, nell’opera del Prof. Carannante. Il giornalista conclude sottolineando l’importanza della memoria, quale bene immateriale da trasmettere di generazione in generazione, lanciando una proposta concreta: la preparazione delle 126 ricette descritte nel libro, ad opera della nuova schiera di giovani chef campani d’eccellenza.
Interviene l’autore, che, nel ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile tale pubblicazione e il gremito pubblico che ha riempito la cantina, sottolinea l’inversione di tendenza negli studi di archeologia e bioarcheologia, dove i giovani studenti stanno imparando a dare il giusto peso al ritrovamento dei cd. “reperti minori” e ai luoghi di ambientazione e preparazione del cibo: Pompei, Cuma, San Vincenzo al Volturno, dove sono stati ritrovati resti di ceramiche per uso di cottura di alimenti e per la successiva presentazione dei cibi ai commensali.
L’autore, orgoglioso della propria origine flegrea,  sottolinea che l’opera realizzata vuole essere soprattutto uno strumento di seria divulgazione (ciò avviene con l’utilizzo di trafiletti che narrano aneddoti e ricette all’interno del testo), con lo scopo di arginare certa “cialtroneria gastronomica, dimostrando  scientificamente il contatto tra popolo egeo e penisola italiana, avvenuto attraverso lo scambio di prodotti quali la cipolla, il cavolo e i “friarielli” di sicura origine flegrea.
Friarielli flegrei , reperibili soltanto a Napoli e nella sua provincia
Carannante, docente universitario presso la Federico II, l’istituto Orientale e il Suor Orsola Benincasa di Napoli, prende in considerazione in questo testo, gli ecosistemi, comprensivi di risorse umane e paesaggistiche, sottolineando l’elemento antropico che deve essere  al centro di una corretta gestione delle risorse descritte nel libro. Le stesse ricette, oltre che essere dirette al pubblico di lettori, vogliono costituire un serio messaggio per i ristoratori al fine di studiare l’enogastromia di 3.500 anni fa per rilanciare i prodotti locali che hanno alle spalle una storia nobile che non può essere trascurata, o, peggio, travisata. L’ultima parte dell’intervento dell’autore è dedicata ai vini, alla culla dell’ enologia mondiale, dove ritroviamo vitigni autoctoni come falanghina, aglianico, piedirosso,  Asprinio di Aversa e Coda di volpe, che oggi sono la base del rilancio che l’enologia campana sta vivendo. Proprio a Grotta del Sole e al famoso enologo Gennaro Martusciello, da poco scomparso, si deve questa grande operazione di recupero di antichi vitigni autoctoni.
L’enologo Gennaro Martusciello
L’ultimo intervento è quello del Prof. Giovanni Fulvio Russo, ordinario di Scienze Ambientali presso la facoltà Parthenope di Napoli, che centra l’attenzione sull’approccio necessariamente misto all’enogastronomia, vale a dire che scienza e umanesimo non possono procedere separati, laddove invece, stiamo assistendo ad un progressivo e grave distacco dell’uomo dalla natura;
E’ di fondamentale importanza – sostiene Russo – innescare azioni che rinsaldino il legame dell’uomo con la natura e con la Terra. Riferendosi  all’opera del Prof. Carannante,  Russo la definisce una ricostruzione paleo – ambientale, del tutto simile ad un romanzo, che si riappropria della storia e del rispetto per i Campi Flegrei, a dispetto di tutti i fenomeni di abusivismo e speculazione edilizia. Il Prof. Russo conclude con un quanto mai appropriato motto del filosofo Seneca: “ Non ci sono venti favorevoli per chi non sa dove andare.”
Al termine della presentazione, grazie alla collaborazione dell’Oste  flegreo Ruggiero Peluso,
l'Oste flegreo per eccellenza Ruggiero Peluso
il pubblico ha potuto assaggiare piatti a base di alimenti citati nell’opera: minestra di orzo, farro, fave pancetta;
orzo, farro, fave e pancetta
 interiora suine  su “pitta”( la prima esperienza di mischiare farina e acqua per poi schiacciarla in una sorta di pane primordiale);
interiora su "pitta" e uova sode con salsa di sgombro
spicchi di uova sode con salsa di sgombro; limonìa di pollo con salsa alle mandorle e limone;
limonìa di pollo
 tettina con tonno e scarole;
tettine con tonno e scarole
minestra maritata, ricetta principe della tavola flegrea dal XVI sec.
la minestra maritata, ricetta originale
Alle pietanze sono stati abbinati Falanghina e Piedirosso dei Campi Flegrei di Grotta del Sole.
gli assaggi per il numeroso pubblico
Non è superfluo ricordare che la cena, o simposio, degli antichi, prolungandosi per molte ore, cominciava verso le tre del pomeriggioUn testo sicuramente da leggere e spulciare piacevolmente,  magari provando qualche ricetta, immergendosi in quattro millenni di storia della gastronomia flegrea, dai pasti della preistoria, all’alimentazione delle colonie greche, all’ostricoltura, piscicoltura ed ai banchetti nella Baia imperiale; al recupero borbonico con allevamenti di ostriche e riserve di caccia, passando dalla cucina medievale, fino ai nostri giorni.
“A Tavola tra Mari e Vulcani” 3500 anni di Enogastronomia flegrea” Di Alfredo Carannante, Valtrend Editore € 18,00

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