lunedì 25 novembre 2013

Campania Stories 2013, la meravigliosa diversità e tipicità dei vitigni autoctoni campani




di Giulia Cannada Bartoli per www.wining.it
giulia1-16 Il consolidamento di un progetto ambizioso di giovani irpini innamorati della propria Terra e che lavorano con un solo obiettivo: raccontare il vino e la Campania dalle mille facce, lontani da logiche commerciali e da ‘copertina’. Qualità, rigore, competenza, speranza e umiltà le parole d’ordine. Il mio ‘viaggio’, appena una cinquantina di chilometri, comincia lasciandomi alle spalle i comuni vesuviani di Torre del Greco e Torre Annunziata, per giungere a Castellammare di Stabia e da lì salire attraversando parte del  Parco Regionale dei Monti Lattari che comprende ben 27 comuni sia, montani che costieri. Un panorama dove la biodiversità è regina. La mente ritorna all’ultima volta in cui sono stata ad Agerola: una comica! Avevo una gamba rotta (incidente sul lavoro) ed ero in sedia a rotelle. Mi fu assegnato il bellissimo e panoramico Hotel Le Rocce ad Agerola, la sede di Campania Stories 2013.

Al mio arrivo mi trovai davanti ad una notevole serie di scale, affatto percorribili in sedia a rotelle J quattro forti  giovani mi alzarono di peso fino in camera, ‘tatà’,  la sedia non passava attraverso la porta! Così il grande Sindaco poeta e filosofo, di Furore, Raffaele Ferraioli, sponsor di Campania Stories, mi trovò una sistemazione più congrua. 
Oggi, salgo le scale sulle mie gambe e mi sistemo subito nell’ampia e luminosa sala degustazione organizzata da Miriade Partners. Mi viene consegnato un esaustivo booklet con programma, aziende partecipanti e tutti gli strumenti utili a delineare una mappa dei vini bianchi campani.
La degustazione ha due modalità: alla cieca o con la lista dei vini per un totale di 61 campioni, suddivisi per tipologie e zone. La lista, inevitabilmente, mi porta a fare qualche considerazione sul sistema regionale delle denominazioni, alquanto contorto e, soprattutto, poco comprensibile per gli stranieri, che già fanno fatica ad identificare la Campania al di fuori di Capri, Amalfi, Positano e Sorrento. Opto per la lista aperta e consegno al sommelier le mie scelte (impeccabile servizio in sala, curato da Ais Campania).
Ecco i miei 12 bianchi top: 
1 Vestini Campagnano Poderi Foglia - Terre del Volturno Asprinio da Viti Maritate Igp 2012. La seconda azienda di una famiglia che ha giocato e gioca un forte ruolo nelgiulia1-14panorama vitivinicolo dell’alto–casertano. E’ già un merito produrre l’Asprinio, vitigno campano antico e dimenticato dalle grande potenzialità, sia per la vinificazione secca sia, soprattutto per la spumantizzazione. Si presenta al bicchiere in veste cromatica tra il giallo paglierino e il verdognolo indice di gioventù; le vigne sono molto vecchie 110 – 120 anni, viti a piede franco di era prefillossera; il naso è sulfureo, minerale, l’ingresso in bocca è sapido, il palato è decisamente varietale, secco, fresco, agrumato, sottile; buona persistenza gusto olfattiva. Se ne producono appena 8.000 bottiglie al costo di 6,00 € IVA esclusa. Decisamente un affare. Tutti i prezzi dei vini qui descritti sono sempre Iva esclusa.
2 Casa D’Ambra - Ischia Biancolella Dop 2012; siamo di fronte ad una delle aziende che con Mastroberardino, ha scritto la storia del vino campano. D’Ambra nasce a Ischia, l’isola verde nel 1888. Il colore è un bel giallo paglierino vivace che indica gioventù e freschezza. Oltre al Biancolella (85%), concorrono a questo vino altre due varietà rare ed esclusive dell’Isola d’Ischia: San Lunardo e Uva Rilla (15%). Rese bassissime, naso minerale, fruttato e floreale, il gusto è rotondo con un piacevole finale ammandorlato. Il sorso è avvolgente e attira nuove bevute. Jolly in abbinamento, vino da piatti di mare, ma anche con piatti ‘terragni’ della cucina isolana (non si dimentichi che Ischia è un’isola agricola, prima che marina). Se ne producono 140.000 bottiglie, a € 5,90, ancora un grande affare, considerato il forte potenziale di longevità di questo vino di Andrea D’Ambra.
3 Il Verro - Terre del Volturno Bianco Sheep Igp 2012; un’ avventura in Terra di Lavoro, ricercare e riportare in vita un vitigno antico, quanto raro:Coda di Pecora, allevato nel’alto casertano tra il Matese e i monti Trebulani.I vigneti sono giovani, appena entrati in produzione, terreno  tra sabbia e ciottoli, appena 3.000 bottiglie, su un totale di 20.000 per tre ettari di vigneto; anche la cantina è relativamente giovane, nasce nel 2005 ad opera di un imprenditore locale che si avvale della collaborazione di famosi enologi campani. Si presenta giallo paglierino dorato e vivace, all’olfatto arriva una lieve nota balsamica, e poi tanta frutta gialla e macchia mediterranea; il sorso è fresco, sapido e pieno; chiude lungo e piacevole con ritorno di fiori di ginestra. Nel canale Horeca  lo troviamo a € 8,00; la bottiglia parte perciò intorno ai 10,00 €, con lo svantaggio di aver bisogno di una forte comunicazione, trattandosi di un vitigno sconosciuto ai più.
4 La Rivolta - Sannio Taburno Coda di Volpe Dop 2012 azienda storica, ripresa dal farmacista – vigneto Paolo Cotroneo nel 1998; siamo a Torrecuso (Bn), 150.000 bottiglie prodotte con 30 ettari di proprietà e una conduzione enologica tra le più affermate in regione. Il vitigno ha storia antica, già conosciuto e descritto da Plinio il Vecchio, deve il nome sia, alla forma del grappolo, sia, al particolare colore in maturazione, che lo avvicina a quello della pelliccia della volpe. E’ un bianco di corpo ( 13,5% alcool), adatto alla cucina di terra: cresce su terreni calcareo–argillosi che gli garantiscono una discreta longevità, dimostrata da diverse verticali realizzate negli ultimi anni.  Si presenta di colore giallo paglierino, di buona consistenza in roteazione, al naso regala sentori citrini misti a leggere sniffate dolci e tropicali; di buona freschezza e sapidità è un jolly in abbinamento sulla cucina napoletana, sulla mozzarella e sui formaggi semi stagionati; il prezzo, € 5,50, è praticamente da Oscar: compratela e fatene scorta, non ve ne pentirete.
5 Casa di Baal - Colli di Salerno Bianco di Baal Igp 2012, piccola azienda relativamente giovane, gestita da una donna, Anna Maria Corrado, cinque ettari di vigneto. Il vino è un blend di Fiano (40%); Moscato (30%), Malvasia (30%); vigne di media età su terreni sabbiosi e  argillosi ricchi di scheletro. Vendemmia precoce per preservare la freschezza, buon corpo e discreta sapidità. Al naso, come al gusto, i tre vitigni si distinguono, sotto il profilo  aromatico e si fondono in una piacevole beva, sorretta da freschezza e salinità. 4.000 bottiglie a € 4,50, ancora un’occasione nel panorama nazionale dei vini bianchi di qualità.
Nota personale: in generale durante tutta la degustazione, confortata dai dati di produzione e di prezzo, mi convinco ulteriormente che la qualità dei vini campani è molto alta, i prezzi sono invece bassi e i produttori non possono alzarli a causa della cattiva reputazione della regione in generale. La viticoltura d’eccellenza fa le spese di certa comunicazione da ‘scoop’ che mira a distruggere l’economia agricola di una regione
6 Casa Setaro - Vesuvio Lacryma Christi Bianco 2012 Caprettone del Vesuvio in purezza. I primi a spumantizzarlo con successo ( CaprettOne Metodo classico, tra le migliori bollicine campane da vitigno autoctono). Iterreni aziendali vitati sono suddivisi in vari appezzamenti direttamente nel Parco Nazionale del Vesuvio, ricchi di sabbie nere e di ceneri e lapilli delle gittate vulcaniche, hanno preservato le viti dalla fillossera, per cui attualmente sono tutte a piede franco. Note floreali di ginestra, erbe selvatiche del Vesuvio, si sentono le ceneri di queste terre, come la delicata sapidità dal mare non lontano; irrompe la freschezza. Intenso e persistente all’olfatto come al gusto, si prospetta un vino che non teme il riposo in bottiglia, eloquente nella sua beva non impegnativa. € 5,40. Compratene a casse, senza paura del tempo che passa.
giulia1-097 Apicella - Costa d’Amalfi Tramonti Bianco Doc 2012 ,le vigne ‘scippate’ alla montagna: la viticoltura eroica tipica di tutta la Costa d’Amalfi, pergolati, muretti a secco, vendemmia  esclusivamente a mano. Falanghina 60% e Biancolella 40% , vigne vecchie, terreni di matrice vulcanica. 15.000 bottiglie, € 6,00. Ingresso esplosivo al palato: scia minerale su note floreali e aromatiche completate da ottima freschezza,  sapidità e corpo. Un vino equilibrato, elegante, adatto alla cucina terragna della costiera amalfitana, sia a quella marinara come ad esempio il classico’ totani e patate’.
8 Apicella - Costa d’Amalfi Bianco Colle Santa Marina 2012, ancora un  blend tipico di Costa d’Amalfi: Falanghina 30%, Biancolella 30%, Ginestra 30%, Pepella 10%; possiamo parlare di cru perché le uve arrivano da una sola vigna, Colle Santa Marina. Al naso l’attesa esplosione varietale fruttata, floreale e profumatissima delle suddette varietà, accentuata dall’altezza slm: 600mt;  sul fondo un scia aromatica (rosmarino e salvia) con un tocco sulfureo. Il palato viene travolto da sapidità  e freschezza che sorreggono alla grande i 14,5% di alcool in un sapiente equilibrio. La nota sulfurea proviene dai terreni di natura franco – sabbiosa di origine piroclastica. Una parte del mosto fermenta in barrique per circa tre mesi, conferendo note morbide, appena burrose. Circa 4.000 bottiglie. A € 7,50. Un altro campione campano doc da comprare e mettere in cantina, la freschezza e il corpo sono garanzia di longevità e ulteriore miglioramento nel tempo. Jolly in abbinamento.
9 Marisa Cuomo - Costa d’Amalfi Furore Bianco 2011. Siamo di fronte al vino cult, quello che ha portato la Costa d’Amalfi nel parterre dei grandi vini di livello internazionale. Eppure tutto parte, come sempre, dalla natura, dai suoi tempi e dalla grande semplicità e passione di Marisa la Vignaiola di casa ( basta guardarle le mani) e Andrea Ferraioli, l’uomo immagine della cantina. Il blend è quasi il marchio di fabbrica: Ripoli 40%, Ginestra 30%, Fenile 30%. Il nome Fiorduva, non proviene, come si potrebbe ipotizzare da fiore e uva, bensì da Fiordo e Uva, il vino di Furore, il paese che non c’è. Qui la viticoltura è ‘scippata’ alla montagna, un’impresa eroica, in un territorio spesso aspro, dove le vigne (pergolati su terrazzamenti con muretti a secco) per lo più ottuagenarie, sono estremamente parcellizzate e la viticoltura davvero faticosa. E’ quindi il top di gamma ma non un cru, perché i Ferraioli si avvalgono di molti fedeli conferitori. Circa 12.000 bottiglie che il mondo si contende (€ 22,50). Accade che il vino venga venduto ancor prima della vendemmia. La 2011 è un’annata ancora giovane, il vino è poco più di un bambino, i terreni sciolti con roccia dolomitica – calcarea ( la stessa usata per costruire la bellissima cantina di affinamento) ne garantiscono la longevità. Si vendemmia piuttosto tardivamente, oltre la seconda metà di ottobre; la vinificazione segue il protocollo del vino da invecchiamento concepito dall’amico ed enologo Luigi Moio: fermentazione in acciaio  e affinamento in barrique nuove di rovere francese per 4– 6 mesi, e ancora 12 mesi di bottiglia. Un vino da attendere. Colore giallo paglierino carico, tendente al dorato, al naso è quasi riconoscibile alla cieca, inconfondibile ‘stil de maison’: note floreali, fruttate (pera e banana) e subito il minerale fuso con un’eccezionale sapidità e freschezza che fanno magnificamente da spalla ai 13,5 % di alcool. La corrispondenza gusto olfattiva è millimetrica. Perfetto l’equilibrio.
Torniamo verso Napoli, tutt’altra zona, , il bello della biodiversità della viticoltura campana.
10 La Sibilla - Falanghina Cruna del Lago - Campi Flegrei doc 2011,Bacoli, comune dei Campi Flegrei, la vigna Cruna del Lago è praticamente sul mare. Il vigneto si trova sulla collina di Baia a picco sul lago del Fusaro, misura giusto due ettari dai quali si ricavano mediamente 4000 bottiglie vendute in Horeca a 10 euro. Il nome del vino deriva dal fatto che Nonno Vincenzo quando andava sulla collina, usava chiamarla cruna, ad indicare la forma ovale del lago. Il vino è appunto un Cru da vigne di oltre 60 anni su terreni vulcanici con residue stratificazioni di ceneri e lapilli. Le viti sono esposte a Sud Ovest, a circa 70 metri sul livello del mare. Fermentazione in acciaio per 12 mesi, con affinamento sur lies per circa 6 mesi e ulteriori 6 mesi di affinamento in bottiglia. Sono felice  dell’esistenza di cantine che hanno compreso l’importanza di saper aspettare il tempo necessario e soprattutto hanno intuito che la  marcia in più viene ai nostri vini dallavoro di  verticalizzazione dei cru, come   parametro distintivo aziendale in un’era che globalizza anche l’aria che respiriamo. Il vino si presenta giallo paglierino brillante e di buona consistenza. Il naso è un vulcanico, fluente susseguirsi di sensazioni: prima una botta d’intensità di fiori profumati, poi frutta gialla appena matura, un accenno tropicale per nulla stucchevole; ancora  note fresche ma profondamente delicate: un leggero sentore vegetale e una sniffata appena percettibile di salvia. Lasciando riscaldare  il vino  nel bicchiere per un po’, salgono al naso altre erbe della tipica macchia mediterranea dei Campi Flegrei e una nota  leggera di peperone verde. La frutta si fa  di nuovo viva: pesca gialla e ananas non troppo mature, e poi i sali minerali a go go, sapidità decisa nei riverberi del suolo vulcanico. Il terreno e la sua composizione si avvertono al naso e al gusto con sensazioni di idrocarburi ancora appena accennate. Al gusto la notevole struttura alcolica è ben bilanciata da acidità e freschezza fuori dal comune. E’ un vino, profondo, verticale: la sapidità, dovuta alla vicinissima brezza marina, regna incontrastata. La chiusura di bocca è decisamente coerente, il palato resta pulito, curioso di provare nuove emozioni: in effetti dopo una discreta sosta nel bicchiere si avvertono delle sensazioni quasi tattili (ceneri e lapilli), accompagnate da un piacevole retrogusto, tipico della Falanghina, di mandorla fresca amara.  Quella sensazione di amarognolo tanto discussa durante il seminario sulla Falanghina di cui diremo nel prossimo articolo.
11 Contrada Salandra - Falanghina - Campi Flegrei Doc 2011, siamo nella zona di Cuma, vicini agli scavi archeologici, sulla collina Trepiccioni  tra i 90 e i 200 metri sul livello delgiulia1-02mare.  Azienda giovane, da sempre biologica, appena 18,000 bottiglie totali per 3,5 ettari di vigneto in località Coste di Cuma. Vigne di mezz’età, circa 40 anni, ereditate da Giuseppe Fortunato, ex ingegnere folgorato dall’amore per la terra e la viticoltura, gestite insieme alla moglie Alessandra Castaldo, Apicultrice di professione: ebbene si, qui le api sono tra le vigne circondate da boschi di alberi da frutta. Terreni tipicamente flegrei,  vendemmia ad inizio ottobre, leggera macerazione sulle bucce e sosta sulle fecce fini. Affinamento tradizionale in bottiglia con la particolarità che nessuna bottiglia esce dalla cantina se non ha compiuto almeno 12 mesi di affinamento in bottiglia: un investimento tenere il vino fermo per un anno, nonostante le richieste pressanti del mercato abituato purtroppo ai bianchi di annata corrente. 10.000 bottiglie di Falanghina, le altre di straordinario Piedirosso. Il prezzo è per me sottocosto (€ 6,00) per un vino che, secondo me, rappresenta in questo momento la miglior espressione della Falanghina dei Campi Flegrei. Giuseppe Fortunato, vive in simbiosi con le vigne, un attaccamento filiare. L’annata  2011 è appena uscita sul mercato, in effetti al naso e all’assaggio si percepisce che ancora un po’ di bottiglia non avrebbe guastato. Giallo paglierino intenso, olfatto gentile di frutta fresca nostrana  pesche gialle) e un tocco di esotico; a seguire – la mia degustazione è veramente lenta, ho messo a dura prova la pazienza dei bravissimi sommelier di servizio Ais – albicocca succosa e una vena di fiori bianchi. Il substrato minerale regna padrone, percorso da accattivanti note sapide. Il gusto è pieno, soddisfacente, decisamente equilibrato e coerente. Mi aspetto un grande futuro per questo 2011.
Last but not least:
12 Villa Matilde - Falerno del Massico bianco Vigna Caracci 2008,Falanghina  100% (biotipo ‘falerna’, ne parleremo nel successivo post dedicato al seminario sulla falanghina) dopo una criomacerazione delle uve il mosto fermenta in barriques di Allier per circa 20 giorni allo scopo di esaltare le doti di armonia e morbidezza naturalmente presenti nelle uve di questo vigneto e del suo particolarissimo "terroir: è impressionante constatare  come a poche decine di metri di distanza il colore e la consistenza del terreno mutino nettamente. Di colore paglierino intenso con riflessi dorati. In bocca ha corpo e carattere, è elegante, fresco e persistente. Al naso è caratteristico e pieno, con intreccio di rosa canina, banana, ananas, pera, agrumi, uniti a sentori di muschio, erbe selvatiche e  nocciola tostata che non sono affatto disturbati da un legno forse appena eccessivo, ma che dopo quattro anni si presenta in fase di progressiva integrazione con il vino. Vigne di quasi 50 anni a 150 metri sul livello del mare, su terreni di matrice vulcanica; si vendemmia ad inizio settembre per preservare l’acidità; parte del mosto fermenta normalmente in acciaio e parte in barrique di Allier per una ventina di giorni. Segue affinamento in acciaio e almeno 8 mesi di riposo in bottiglia. Prodotto in circa 18.000 bottiglie. Va sul canale Horeca a 9,50 euro: ancora un colpo da mettere a segno e custodire in cantina anche per dieci anni. 

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